Le opere
La fama di Gino Grimaldi è principalmente legata al lavoro svolto presso la chiesa dell’ex Ospedale Psichiatrico di Cogoleto durante gli anni di permanenza nella cittadina ligure. Nonostante il fatto che il ciclo pittorico possa ora essere considerato uno dei più preziosi e complessi esempi di arte fiorita all’interno di un complesso manicomiale, questo riconoscimento ha tardato a venire.
Parte dell’opera dipinta da Grimaldi per la chiesa lasciò i confini della struttura sanitaria e venne presentata in un contesto pubblico in occasione della mostra Figure dell’anima tenutasi a Genova nel 1998. Per l’esposizione curata da Bianca Tosatti, storica dell’arte ed esperta nell’ambito dell’arte irregolare, le pale d’altare di San Vincenzo de’ Paoli e San Camillo de Lellis vennero trasportate a Genova per essere mostrate per la prima volta al di fuori del contesto per il quale erano state ideate.
Insieme agli affreschi e alle lunette dei portali d’ingresso alla chiesa, le due pale d’altare costituiscono l’opera più ambiziosa ed organica del pittore.
Figure dell’anima, avvenuta a oltre mezzo secolo di distanza dalla scomparsa del pittore nel 1941, fu il primo riconoscimento postumo del valore dell’opera di Grimaldi. Questo fatto, unito alla peculiarità della figura e della storia del pittore, rappresenta la maggiore complicazione nella ricerca sulla sua opera. La riscoperta di lavori autografi è da sempre un processo mai concluso e allo stato attuale l’attribuzione a Grimaldi è stata confermata solo per un numero piuttosto ridotto di opere di cui si conosce la locazione e proprietà. L’indagine è ancora attiva ed è principalmente coadiuvata da uno strumento essenziale nel tracciare le tappe della carriera dell’artista.
Il mezzo in questione è quello che viene chiamato il Catalogo Generale delle opere del pittore; il manoscritto viene compilato da Grimaldi durante la realizzazione del ciclo della chiesa e risulta essere una sorta di diario cronologicamente ordinato in maniera minuziosa nel quale viene tematicamente annotata la produzione di tutti i lavori compiuti “dall’anno 1910 al luglio 1936”.
Attraverso il suo studio è stato possibile risalire ad importanti informazioni di contesto sulla vita e carriera del pittore e, in alcuni casi, all’identificazione di alcune delle sue opere.
Uno dei dati più interessanti che trapela dell’analisi del Catalogo è il fatto che un’alta percentuale delle opere compiute da Grimaldi è stata destinata e creata appositamente per i medici che lo hanno avuto in cura nei vari ospedali psichiatrici: Ex Libris per il prof. Cappelletti, per il dott. re Tumiati e il dott. re Cortesi Tancredi a Venezia, Ex Libris per il “comm. re Antonini – Mombello Milano” il quale acquista inoltre un quadro “esposto alla permanente di Milano” intitolato Guerra, un “Ritratto del dott. re Tumiati – Venezia”, “ due ritratti uno dal vero ed uno da foto dell’ispettore Sacchi di Cogoleto”, copie di quadri notevoli come una “Madonna di Cesare da Sesto (Ispettore Toffa Mombello)”, quadri originali “Parsifal – Prof. Daneo Cogoleto” e tanti altri lavori corredati dai nomi dei rispettivi destinatari indicati dopo il titolo e il soggetto dell’opera.
Grimaldi riesce infatti ad ottenere il permesso di dipingere all’interno di tutti gli ospedali psichiatrici nei quali passa periodi di degenza.
A partire dai momenti iniziali del primo internamento a San Servolo, Grimaldi, appena rinsavito dai deliri che lo portano ad affermare di essere Rubens, richiede di ricevere materiale per lavorare alla sua arte e libri per proseguire i suoi studi di filosofia, letteratura e religione. Successivamente, sia a Mombello che a Cogoleto, l’artista rivendica le medesime richieste.
Questo aspetto dell’atteggiamento di Grimaldi è volto al ricevere quelle conferme e dimostrare quel valore che nel mondo esterno non gli riesce di affermare. Dalla corrispondenza ancora disponibile agli studiosi che intrattiene con dottori e altre autorità ospedaliere durante gli internamenti, si scopre che la profondità e prolissità della prosa ben costruita sembra spesso trovare attenzione ed empatia. Il personale ospedaliero che detiene il potere sulle azioni del degente sembra generalmente constatare la sua abilità di pittore, l’ampiezza del suo sapere e la genialità di certe sue intuizioni.
Nei primi anni di degenza a Mombello gli viene accordata una libertà di movimento davvero ammirabile e nel 1918 comincia e porta a compimento una serie di lavori di grande respiro che saranno poi sistematicamente introdotti nel Catalogo:
Arte decorativa murale e monumentale a Milano 96*(1) Grande salone con grande affresco centrale nello stile neoclassico del Palazzo Pusterla dell’ex Marchese Crivelli a Mombello. Milano.
97 2 Grande sala attigua in stile pompeiano
98 3 Grande sala Napoleonica in stile pompeiano con il ritratto di Napoleone console
99 Saletta in stile seicento
100 *** Grande sala monumentale in stile barocco dott. [?]
101 ** Atrio monumentale in stile 1600 – direzione psichiatrica di Mombello
[…]
108 Progetto decorativo della chiesa di Mombello eseguito da altri dietro miei bozzetti per avere io rifiutato il lavoro.
Attualmente nei locali di Villa Pusterla, divenuta sede dell’Istituto Tecnico Agrario di Limbiate, sono state rinvenute solamente le pitture all’interno di quello che probabilmente viene inteso da Grimaldi come “Grande salone con grande affresco centrale nello stile neoclassico”.
A Mombello Grimaldi rende inoltre omaggio a Napoleone Bonaparte, il quale durante la campagna d’Italia del 1796 scelse Palazzo Pusterla come dimora e Quartier Generale trasformandolo in una vera e propria corte (E. Cazzani, Luci ed ombre nell’Ospedale Psichiatrico provinciale di Milano, Tipografia “La Tecnografica”, Varese, 1952). La “Grande sala Napoleonica in stile pompeiano con il ritratto di Napoleone console” di cui Grimaldi lascia notizia è la medesima citata nel libro che illustra la storia della Villa e del manicomio ospite della struttura: “Nella camera da letto in cui il Grande dormì [..] una lapidetta ricorda: QUESTA/ FU CAMERA DA LETTO/ DI NAPOLEONE I/ DAL 6 MAGGIO AL 18 NOVEMBRE/ 1797. Sopra la lapide fu collocata, nel 1919, una tela del pittore Grimaldi (ex ricoverato di Mombello) riproducente il «Napoléon au pont de Lodi», che si trova al Louvre, del barone Antonio Giovanni Gros”. (E. Cazzani, 1952)
L’opera è stata trasferita da quella sede e attualmente non se ne hanno notizie certe. Dell’affresco nella medesima sala menzionato da Grimaldi non se ne trovano più tracce, come risulta vago il destino di alcuni degli affreschi eseguiti per la Villa, che si presume possano essere nascosti alla vista dalla struttura del contro soffitto, montato in molte delle sale divenute aule dell’Istituto
In seguito al primo ricovero a Mombello, Grimaldi tenta di riprendere la professione di pittore e nel Catalogo vengono annotate diverse commissioni completate fra la fine degli anni ‘10 e l’inizio dei ‘30. Fra gli altri lavori si ricordano l’attività presso la “Villa dei Conti Venino” a Bellagio (Como), la decorazione della sala principale del caffè di Piazza Cavour a Como e del teatro di Lesa (Novara), oltre a restauri di affreschi, dipinti su tela di vario soggetto e natura, copie da originali famosi e lavori di grafica. Nessuna delle opere sopra citate è mai stata identificata e sfortunatamente la vaghezza delle informazioni fornite da Grimaldi lascia dubbi sugli edifici stessi dove questi lavori dovrebbero essere conservati.
Come si apprende dal Catalogo, durante gli stessi anni Grimaldi si interessa inoltre di tematiche più populiste e soggetti realisti.
Quando a Como si trova a stretto contatto con il Partito Socialista la sua arte prende una piega inaspettata e le opere chiave del periodo sembrano tutte sottese a un impegno politico concreto e una forte denuncia sociale: nel luglio del 1919 i socialisti fondano la “Lega Proletaria dei mutilati e dei reduci di guerra” e Grimaldi si interessa all’evento e alla causa completando il “Cartellone per l’opera dei mutilati e invalidi di guerra –Milano”, di ubicazione ignota.
Tramite la cronaca di un compagno di partito apparsa sul “Il Lavoratore Comasco” il 4 Novembre del 1922 -nella quale si denuncia l’intrusione di un gruppo di camicie nere all’interno della redazione del giornale e l’attacco a persone ed oggetti- si può risalire all’esistenza di un ritratto di Karl Marx dipinto dall’artista e appeso alla parete dell’ufficio.
Nel 1933 Grimaldi viene internato presso l’Ospedale Psichiatrico di Cogoleto e nel comune del genovese trascorre gli ultimi otto anni della sua vita. Oltre al ciclo pittorico della chiesa, di cui si approfondiscono i dettagli nella sezione dedicata, il pittore realizza diversi dipinti che verranno principalmente donati a personalità a lui vicine nel contesto del sistema manicomiale. Dottori, infermieri, ispettori vengono in possesso di quadri eseguiti per loro dal pittore, e tutt’ora gli esemplari rimasti sono spesso custoditi dagli eredi dei primi proprietari a cui furono destinati.
Allo stato attuale, si conosce l’esistenza di un numero limitato di opere eseguite durante gli anni trascorsi a Cogoleto.
Un omaggio per il fidanzamento di uno degli ispettori che si presero cura del pittore è ancora custodito dagli eredi del destinatario. Il tondo rappresenta la coppia per la quale il quadro viene dipinto scambiarsi gesti affettuosi in un paesaggio naturale ed è eseguito con una tecnica insolita per Grimaldi, il quale in questa occasione preferisce pennellate veloci e quasi espressioniste alle consuete figure levigate e lineari tipiche nel ciclo della chiesa.
Una Veduta d’Africa di proprietà degli eredi dello psichiatra al quale venne donata (plausibilmente l’opera aggiunta al Catalogo Generale sotto il titolo di Africa), presenta anch’essa pennellate staccate e vivaci che scompongono l’atmosfera del dipinto in tocchi luminosi.
Inserito nel Catalogo Generale fra i “Capi d’opera quadri originali” e premiato con l’aggiunta di due asterischi a marcarne la qualità, il Parsifal fa parte delle opere superstiti. Il dipinto e’ un omaggio all’omonima opera wagneriana.
La figura di Parsifal e l’intreccio di ambigui personaggi che gravitano attorno alla vicenda, fatti di contraddizioni insanabili e di istinti religiosi velati da una passione troppo terrena per definirsi pura, resero l’opera di Wilhelm Richard Wagner un esempio irraggiungibile di “visionarietà estatica di eroi enigmatici”(L. Falqui, Ascoltare l’incenso: confraternite di pittori nell’Ottocento: Nazareni, Preraffaeliti, Rosa + Croce, Nabis, Alinea, Firenze, 1985) per la cultura decadente Ottocentesca.
La versione pittorica resa da Grimaldi non è la rappresentazione di un singolo episodio, ma è la suggestione della tragedia che rende l’intero dipinto un vortice brulicante di personaggi e strutture. Non sembra esserci nessuna progressione logica nel susseguirsi di elementi fluttuanti nello spazio immateriale del dipinto: volti, corpi, elementi architettonici, oggetti e scritte condividono, ma senza relazionarsi, il medesimo spazio pittorico in una schizofrenia di proporzioni e prospettive.
Dipinta qualche anno dopo l’arrivo di Grimaldi a Cogoleto e’ inoltre un’opera raffigurante la Sacra Famiglia in un momento di intimità fra i personaggi. Il rigoglioso paesaggio naturale di contorno può suggerire qualche vicinanza iconografica con la consueta rappresentazione della scena del riposo durante la fuga in Egitto.
La provenienza e attuale proprietà del dipinto suggeriscono alcuni elementi di valutazione considerevoli nelle vicende riguardanti l’eredità lasciata da Grimaldi. Il quadro della Sacra Famiglia venne infatti acquistato dall’attuale proprietario sul mercato antiquario con una corretta attribuzione. Nonostante non si conoscono le vicende precedenti che hanno permesso all’opera di Grimaldi di essere offerta in vendita, questa circostanza può far sperare nell’esistenza di altri dipinti di Grimaldi ancora sconosciuti agli studiosi del pittore e rende la divulgazione della sua memoria un fattore essenziale nel perseguimento di ulteriori scoperte.